Il Capo Ingolfshofdi è un promontorio di basalto, la più comune forma rocciosa islandese, appoggiato su di una base tufacea a sud - est della costa islandese.
Lungo circa 1200 metri e largo 750 ha un altezza massima sul livello del mare di 76 metri ed è circondato per tutta la sua lunghezza da scogliere rocciose ad eccezione del lato ovest, dove presenta una vasta duna di sabbia chiamata Kongsalda, che conduce fino alla grotta di Kongsvik ( Grotta dei Re )
La grotta prende il nome da una storia che narra l’ acquisto del promontorio e della spiaggia annessa da parte di un antico Re.
In origine il Capo era un' isola che solo successivamente la sabbia e i depositi alluvionali dei ghiacciai hanno unito alla terra ferma.
Al disopra del promontorio c’è un bacino che si estende dalla scogliera di Gonguklif, a nord, alla roccia di Votaberg a sud. L’ area a est del bacino è chiamata promontorio di Grashofdi mentre l’ area ad ovest è denominata promontorio di Grjothofdi.
Capo Ingolfshofdi è tra le località più antiche in Islanda, abitata fin dai tempi dei primi traffici commerciali Norvegesi sull’Isola. Il Capo fu definito riserva naturale dall’Alþingi nel 1974 e riconfermata nel 1978.
L’ area della riserva si estende per circa 90 ettari e i suoi confine si estendono lungo una linea immaginaria fino a 100 metri dalla costa e dalle estremità degli scogli presenti sul capo.
Il sentiero che conduce al Capo è lungo 9 chilometri e parte dalla strada numero 1, ma è transitabile unicamente con mezzi anfibi o trattore.
I paletti che marcano l’ itinerario sono spesso divelti dai venti o nascosti dal soffice sottosuolo; quest’ ultimo un vero rischio per i mezzi in transito che incontrano notevoli difficoltà nel caso lasciassero il percorso.
Gli escursionisti e i visitatori sono caldamente consigliati a non avventurarsi con il proprio mezzo lungo l’ itinerario che porta al Capo, ma di usufruire dei mezzi messi a disposizione dalla locale agenzia di viaggi di Oraefaferdir.
Sebbene Capo Ingolfshofdi sia una riserva naturale, il tradizionale uso delle risorse locali operato dagli abitanti locali è stato ratificato in uno speciale accordo con l’ Environment and Food Agency of Iceland, l’ ente che controlla e gestisce le riserve naturali islandesi.
Ai viaggiatori che attraversano l’ area a piedi o a cavallo è raccomandato di mantenersi strettamente lungo il sentiero, di fare estrema attenzione a tutto ciò che si calpesta al suolo, a non disturbare la vita degli uccelli e delle greggi che popolano la zona e ad asportare tutti gli eventuali rifiuti prodotti.
La guida con automezzi sul promontorio è vietata così come l’ utilizzo di qualsiasi arma da fuoco.
Il capo prende il nome dal commerciante norvegese Ingolfur Arnarson che vi si stabilì con la sua consorte Hallveig, giungendo con la sua imbarcazione e stabilendosi nella zona per passare l’ inverno.
La leggenda narra che i coniugi si stabilirono nella località di Hofdanef sul lato est della parte settentrionale del promontorio nel 874, giungendo nella zona attraverso il fiordo presente sul capo e inerpicandosi sulla scogliera di Selaklettur.
Nel 1974 è stata eretta una colonna di basalto sulla scogliera a ricordo dell’ evento sulla quale è stata incisa la seguente dicitura “ Ingolfur landed at what today is called Ingolfshofdi. ” “ In Memory of Eleven Centuries 1974. ”, dicitura presente sul Landnámabok, testo ufficiale e storico che narra sulla storia dei primi insediamenti in terra islandese.
Non lontano dal monumento si può scorgere un’ altra targa che testimonia gli studi di ricerca geodetica condotti dallo studioso islandese Bjorn Gunnlaugsson nel 1839.
Testimonianze che l’ area fosse utilizzata fin dall’ antichità per le attività di pesca sono rappresentate dalle tante grotte lungo la costa che presentano dei collegamenti sotterranie con la superfice del promontorio ed utilizzate per l’ammaraggio. Skiphellir, Árabolstorfa e Púki sono solo alcune di queste.
Nel 1903 il peschereccio di Friederich Albert si arenò lungo il litorale di Svinafellsfjara. Undici giorni dopo, Sigurdur Jonsson, un fattore proveniente da Orustustadir nel Vestur Skaftafellssýsla, mentre portava al pascolo le sue pecore, scorse strani movimenti sulla costa sabbiosa che a prima vista non seppe riconoscere. Solo successivamente si accorse che quei movimenti provenivano da un essere umano che strisciando a quattro zampe era sul punto di collassare; abiti congelati e completamente scalzo. Sigurdur portò l’ uomo nella propria casa ed organizzò una battuta di ricerca degli altri superstiti che erano ancora sulla spiaggia. Altri otto uomini vennero ritrovati in vita molti dei quali con principi di congelamento a mani e piedi.
Il disastro e le sofferenze accorse a questi uomini diedero il via alla costruzione su tutto il territorio di rifugi appositamente destinati ai possibili naufragi delle navi da pesca. Proprio il primo di questi venne costruito a Skeidarársandur nel 1904 e nel 1912 ne venne installato uno a Capo Ingolfshofdi.
Nel 1917 i punti di attracco ad Ingolfshofdi vennero migliorati. Venne creata una apertura sulla roccia ed installato un argano per le operazioni di recupero ( ancora visibile ). In questo modo potevano essere portate sulla superficie le merci delle navi che attraccavano a Eiriksnef ma il destino di questo sistema, che sembrava aver risolto i problemi di carico e scarico, durò fino all’ inverno successivo, quando venne distrutto da una mareggiata.
Il primo faro ad Ingolfshofdi venne costruito nel 1916 ed era costituito da una semplice lastra metallica sostituita nel 1948 da un vero e proprio faro disegnato dall’ ingegnere Axel Sveinsson. Il sistema elettrico nazionale raggiunse l’ area nel 1974 e fino ad allora la corrente elettrica era garantita da un piccolo impianto domestico fin dal 1922. Con l’ arrivo della corrente venne costruito un nuovo faro corredato anche di sistemi di aeroguida per aeromobili necessario per gli aeromobili in avvicinamento all’ aeroporto nazionale di Hornafjordur.
Il primo avvistamento di turisti nell’ area è avvenuto nel 1991, quando la compagnia Oraefaferdir di Hofsnes ha organizzato una prima escursione all’ avvistamento degli uccelli e dedicata alla storia dell’ area. La maggior parte dei partecipanti era di nazionalità straniera.
La sabbia ha soffocato gran parte della vegetazione presente nell’ area, sia sulla superficie coperta da un manto d’ erba comune che lungo la parte rocciosa, sulla quale anche il guano prodotto dalle colonie di volatili non favorisce la crescita di vegetali. Si possono comunque scorgere Gerani di bosco, Timo ed altre tre o quattro tipologie di vegetali. Bacche nere di una certa dimensione riescono a crescere e sopravvivere grazie al calore prodotto dalla sabbia nera.
L’ intera aerea è abitata da una grande varietà di insetti ( in particolare diverse varietà di maggiolini, e tarme ), molte specie di uccelli ( Oche, Cormorani, Puffin, Skua, Procellarie e molte altre specie che si contendono le aree rocciose ) ed anche Volpi artiche.
Nel 1872 si registra il primo avvistamento di Puffin ( Fratercula arctica ) e fin dal 1950 si registrano le prime spedizioni di caccia da sempre comunque eseguite con lacci e lance. Il calarsi lungo la scogliera a caccia di uova è metodo ancora praticato.