Islanda - Scatta la misura promessa nell'ultima campagna elettorale del centrodestra in Islanda: riguarderà un terzo della popolazione. Il maxirimborso destinato a chi ha legato i finanziamenti all'inflazione ed è rimasto scottato dalla galoppata dei prezzi dopo il crac delle banche in Islanda. A pagare sarà proprio la finanza degli speculatori: S&P e il Fmi su tutte le furie.
La crisi è finita, Natale è vicino. E l'Islanda farà trovare sotto l'albero a 100 mila suoi cittadini (un terzo della popolazione) un regalo da sogno: la cancellazione di 24 mila euro dal mutuo per la casa. Il piano, promesso nell'ultima campagna elettorale dal Progressive Party, capofila della coalizione di centro-destra, è stato lanciato ufficialmente in queste ore. Tutti coloro che hanno contratto un prestito immobiliare a tasso legato nall'inflazione - praticamente almeno una persona per famiglia - si vedranno togliere dalla sera alla mattina una cifra fino a 24 mila euro.
Una sorta di risarcimento dopo che la svalutazione della corona causata dal crac delle banche di Reykjavik ha mandato alle stelle i prezzi (+37,6% tra 2007 e 2010) e le rate di questi mutui. Il maxi-rimborso comporterà una spesa di 900 milioni di euro in quattro anni per le casse dello stato. E malgrado le chiassose proteste di Wall Street e degli organismi internazionali, il conto verrà fatto pagare - accade solo al Circolo polare artico - alla finanza e agli hedge fund. Il governo ha annunciato un giro di vite fiscale sulle banche ed è pronto a dare un'altra sforbiciata unilaterale ai vecchi debiti all'estero ereditati dalla crisi, finiti tutti in portafoglio ai fondi speculativi. L'operazione - forse non a caso - ha mandato su tutte le furie Standard & Poor's e il Fondo Monetario mondiale: l'agenzia di rating ha già minacciato un downgrading del voto dell'Islanda se andrà in porto, mentre Washington
- che nel 2008 ha sostenuto Reykjavik con aiuti per 4,6 miliardi - ha ammonito che la ripresa economica è ancora debole e che non c'è spazio per troppi regali ai contribuenti.
Il Primo ministro Sigmind Gunnlaugsson tira comunque dritto, infischiandosene del cartellino giallo del Fondo. "Questo - ha detto - è l'inizio di un vero rinascimento economico dell'isola". Il paese è andato in default nel 2008, travolto dal flop delle sue banche oberate di 100 miliardi di debiti esteri, una cifra pari a dieci volte il Pil nazionale. Reykjavik è intervenuta bloccando la libera circolazione della corona, chiudendo le banche, facendo pagare il conto in buona parte ai creditori stranieri e imponendo due anni di austerity ai suoi cittadini. La cura ha funzionato molto meglio di quelle tutte lacrime e sangue domestiche imposte a Grecia e Portogallo. Già nel 2011 l'Islanda ha ripreso a crescere (+2,9% il Pil) e anche quest'anno e il prossimo dovrebbe correre a tassi vicino al 3%. La disoccupazione - il cruccio del resto d'Europa - dopo aver sfiorato il 10% nel 2009 è scesa ora al 5,7%. E a breve il Paese spera di riaprire gli scambi sulla corona. "Il rischio - ha fatto sapere l'Fmi - è che il decreto salva-mutui per cui non ci sono i soldi finisca per riportare indietro l'orologio agli anni neri del crac".
Gunnlaugsson non è preoccupato. "L'impatto sui nostri conti tra il 2014 e il 2017 sarà minimo". Il piano prevede pure agevolazioni fiscali per incoraggiare gli islandesi a utilizzare i loro piani pensionistici per azzerare l'indebitamento. E porta a 1,6 miliardi di euro, calcola la Financial services association di Reykjavik, il totale dei debiti condonati agli islandesi, qualcosa come il 15% del Pil, come se in Italia si cancellassero 300 miliardi di rate. "Il salvataggio delle famiglie dal cappio degli interessi farà da volano alla ripresa liberando risorse e stimolando i consumi", è sicuro il premier. Alla faccia delle Cassandre di Fmi e S&P.