Giuliano Pugolotti, 'desert runner', ha appena concluso Iceland 2013, una corsa estrema a tappe di 250 Km in Islanda. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e di come ha affrontato un clima inospitale come quello dell'Isola islandense. Ecco il suo racconto.
"Non è esattamente un clima facile da accettare per un mediterraneo come me quello che ho incontrato in Islanda nella mia ultima avventura . La Iceland 2013, gara estrema di 250 chilometri tra vulcani e ghiacci, mi ha portato in un ambiente tremendo, con un clima davvero terribile. La corsa è partita da Kerlingarfjöll, soprannominata la montagna delle Streghe, incastonata tra due ghiacciai, per concludersi nella scenografica atmosfera di Blue Lagoon il mio miraggio finale. A dire il vero Blue Lagoon me l’ero immaginato da casa molto piu’ blu, caloroso e accogliente. E’ stata una nuova sfida per me che ho attraversato di corsa 15 volte i deserti di sabbia della terra. Di quei luoghi conosco praticamente tutto, il caldo che amo, i venti che ho imparato a sopportare con positività, le tempeste dove riesco ad orientarmi con una certa sicurezza: insomma nei deserti di sabbia mi sento a casa.
Ma qui in Islanda ho trovato l’esatto opposto. Prima di partire per questa sfida mi ero preparato ad un clima difficile, con acqua, freddo e vento, ma non pensavo così tremendo come è stato. L’Islanda è un territorio con tanti microclimi e soprattutto non è Reykjavik dove tutto sommato ci sono condizioni accettabili. La corsa si è svolta praticamente tra lava, muschi e ghiacci in un ambiente così estremo e per questo così poco popolato.
La cosa che mi ha colpito di più sono i venti, diventati un vero e proprio tormento quotidiano ostacolo più difficile per me dei 250 km del percorso, più delle salite e del fondo di lava. L’anemometro dell’organizzazione ha segnato spesso 110 km in prossimità dei ghiacciai, ma normalmente segnava 70/80 km all’ora sia di giorno che di notte... continua
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