Le popolazioni, spesso assomigliano alla terra in cui vivono.
Ciò che stupisce maggiormente chi arriva per la prima volta in Islanda, è l' immensa pianura lavica che separa Keflavík, la zona aeroportuale, dalla capitale, Reykjavík. Un immensa terra grigia senza distinsione di continuità, e a quel punto la domanda sorge spontanea: Chi potrebbe mai abitare questa terra?
La ricchezza del territorio, con i suoi ghiacciai, i monti, i vulcani, i laghi, gli arcobaleni, le scogliere, le spiagge, i deserti e le verdi pianure, riflette veramente la complessità del carattere dei suoi abitanti. A prima vista, chiusi e riservati, ma d' improvviso pronti alla burla, al chiasso e al divertimento più sfrenato. Sono un po' come il tempo, variabili. Da un ostinato silenzio ad una chiassosità quasi eccessiva; quasi imperscrutabili ma allo stesso tempo disponibili e curiosi.
Un eccesso che facilmente si riscontra nel paesaggio dell' isola. Originario di un popolo che per millenni ha vissuto aspramente, e che improvvisamente ha dato vita ad una delle nazioni più prospere del pianeta.
Una delle caratteristiche che maggiormente li contraddistingue è la loro forte identità nazionale e culturale. Fieri ma spesso con il timore di essere considerati piccoli ed insignificanti in un mondo che, talvolta, si dimentica anche di rappresentarli sulle mappe geografiche.
Il dover affrontare aspre lotte per la sopravvivenza, ha legato in maniera indissolubile la popolazione, e al tempo stesso la loro insaziabile curiosità verso il mondo esterno.
Il carattere assolutamente " informale " su cui si basano le relazioni è anch'esso la testimonianza di una lotta collettiva per la sopravvivenza.
L'uso della cravatta, dei cerimoniali, delle feste comandate e di tutte quelle particolarità del mondo occidentale sono aspetti del tutto assenti nella società islandese. Assisterete a concerti punk alla casa del presidente, o a feste sfrenate nelle riunioni dei consigli di amministrazione delle società in una tranquillità e spontaneità oltre al limite della più fantastica immaginazione.
La gente si chiama tranquillamente per nome, presidente compreso.
Ogni individuo è importante per la società, e di conseguenza obbligato alla partecipazione.
E non potrebbe essere altrimenti visti i cinque quotidiani, un teatro nazionale, una concert hall tra le migliori al mondo, le due televisioni, le innumerevoli orchestre, le infinite gallerie d' arte, stazioni radiofoniche, compagnie di produzione cinematografiche e chi più ne ha più ne metta..... e tutto per sole 350 mila persone. Nulla di tutto ciò potrebbe sopravvivere se non alimentato dall' intera comunità.
Il merito di tutta questa attività è spesso attribuito all' alto livello di istruzione e alla sconfinata curiosità che li contraddistingue. Anche nei periodi di maggiore povertà ogni abitante sapeva leggere, scrivere e far di conto, e molti sono gli esempi di spiccata intelligenza o interesse dimostrato per il mondo al difuori della loro realtà.
Il primo dizionario basco, la prima repubblica europea, il primo partito femminista, il primo presidente della repubblica donna, la praticamente nulla diversità tra generi e così via.
Gli Islandesi continuano estenuamente a sostenere che la loro società non è divisa in classi, ma solo che alcune famiglie possono essere considerate più vecchie di altre. La mania della genealogia è un fatto nazionale, al punto che è possibile risalire alla settima od ottava generazione arrivando a scoprire che si tratta di una società di consanguinei. Si è arrivati al punto di vendere il proprio codice genetico alle più grandi case farmaceutiche in cambio di innovazioni nel campo della prevenzione medica.
Ma tutto questo patrimonio culturale è seriamente a rischio. Per una popolazione così limitata numericamente, dove le generazioni oggi in pensione sono nate nelle più remote fattorie isolate dell' interno e dei villaggi di pescatori, mentre le più giovani sono completamente ubanizzate, l' unico elemento di continuità è rappresentato dalla lingua.
La perdita del bagaglio culturale legato alla pesca ed alla agricoltura rurale è un fenomeno ormai inarrestabile, a cui fa da contrappeso una politica al limite dell' accanimento protezionistico per la preservazione del linguaggio scritto e parlato.
L' insieme di tutti questi elementi, legati strettamente al loro territorio, genera il carattere degli islandesi. Un popolo dalla dura fama, ma al tempo stesso capace di godere della propria terra, con eccessi e piacevole imprevedibilità.